Ricordi quanto ti ho detto a proposito della biomeccanica dello sprinter e del gioco di forze?
Ti ho parlato di momento di forza e fatto menzione alle rotazione cui è soggetto lo sprinter per via del movimento dei suoi arti. Ti ho introdotto al concetto di momento di forza in relazione al movimento umano e parlato di assi di rotazione.
Se non hai letto gli articoli precedente o vuoi rinfrescarti la memoria puoi trovarli qui:
Supponi di osservare un runner in movimento di media velocità. Gambe e braccia si muovono oscillando alternativamente ed ognuno di essi generando il suo momento di forza. Durante ogni oscillazione, il momento di forza combinato delle gambe produrrà una rotazione del tronco in una direzione. Allo stesso tempo, il momento di forza combinato delle braccia produrrà una inferiore rotazione del tronco nella direzione opposta. Puoi ben capire che durante ogni oscillazione, il movimento di ogni arto e la sua velocità cambiano. Ciò comporta di conseguenza cambiamenti continui nei momenti di forza che essi generano.
Per semplificare il tutto, prendi in considerazione il momento di forza totale generato dalle gambe ed il momento di forza generato dalle braccia all’interno di una oscillazione in un’unica direzione. Non è un modo meno accurato di ragionare ed ha il vantaggio di essere più facile da controllare. Lo studio sulla rotazione indotta dall’oscillazione degli arti introduce la teoria del momento di inerzia ed anche del raggio di inerzia. Ma non voglio complicarti troppo la vita con la fisica (che dovresti conoscere per comprendere perfettamente il comportamento del nostro corpo nello spazio), pertanto continua a prendere in considerazione solo e soltanto il momento di forza.
Per semplificarti ulteriormente il ragionamento, supponi che su un’oscillazione completa degli arti il momento di forza generato dagli arti superiori sia esattamente la metà di quello generato dagli arti inferiori. Adesso richiama la formula del momento di forza (M=mv) mentre il nostro runner ha iniziato ad aumentare la sua velocità attraverso una frequenza maggiore. Il momento di forza delle braccia e delle gambe aumenterà progressivamente così come progressivamente sta aumentando la velocità il nostro runner (la variabile della formula che stiamo considerando in questo istante è “v”). Tuttavia, siccome le braccia pesano notevolmente di meno delle gambe, generano un momento sicuramente maggiore al precedente ma pure sempre la metà di quello delle gambe.
Guarda la figura 1 e segui il mio discorso.

Il momento di forza generato dalle gambe è rappresentato dalla retta rossa, mentre quello generato dalle braccia è rappresentato dalla retta gialla. Come puoi notare, all’aumentare della frequenza aumenta anche il momento che gli arti rispettivamente generano. Ma comunque sia, in ogni punto di riferimento lungo l’asse della frequenza puoi notare che sull’altro asse, quello del momento di forza, trovi valori per le braccia sempre pari ad ½ del momento generato dalle gambe. Se per il tronco risulta agevole equilibrare quest’asimmetria di momenti di forza a velocità medie, ad alte velocità, siccome le braccia sai che possono continuare a generare solo la metà del momento di forza di quello che generano le gambe, ti aspetti che anche il tronco conservi la sua capacità di soddisfare questo disequilibrio.
Tuttavia, sebbene entrambi i momenti di forza aumentino all’aumentare della velocità, puoi bene notare in figura 2 che anche la differenza tra loro aumenta considerevolmente.

Quello che sto cercando di farti capire semplificando un po’ la fisica applicata al movimento è che quando questa differenza di momenti di forza generati da arti inferiori e superiori diventa importante il tronco non riesce più ad accomodarla se non iniziando ad oscillare intorno all’asse Z. Questo rappresenta il momento critico in cui cominciano i problemi relativi alla corsa. Il nostro corridore inizia ad utilizzare altri muscoli, sia del tronco che delle gambe, nel tentativo di controllare questa oscillazione e comincia a “legarsi”.
Ora ti devi proiettare in quel corridore!
Sai di avere molta più forza nei tuoi muscoli, sai di avere molta più velocità nelle tue gambe, tuttavia ti senti incapace di erogare la potenza che sai di avere. Appena provi ad accelerare, a correre più veloce, spenderai solo un quantitativo di energia superiore per controllare la tendenza del tronco ad oscillare in funzione dello sbilanciamento dei momenti degli arti. Non c’è guadagno in termini di velocità. A questo punto, hai raggiunto il tappo che la natura ha posto sulla tua velocità di corsa.
Ovviamente maggiore sarà il peso delle tue braccia e delle tue gambe e maggiore sarà la differenza tra i loro momenti di forza.
Lo so, lo so… mi vuoi chiedere
“gambe e braccia più pesanti potrebbero raggiungere il punto critico nella differenza dei loro momenti di forza prima rispetto ad arti più leggeri?”
A gambe e braccia più pesanti normalmente corrisponde anche un tronco più pesante che normalmente è capace di controbilanciare un disequilibrio maggiore tra i momenti dagli arti.
L’alta frequenza dei tuoi arti in corsa porta ad un cambiamento anche del loro momento di forza. Affinchè il tuo tronco possa essere efficiente nello svolgere il suo compito di stabilizzatore, devi percepirlo nello spazio come un’entità solida ed abbastanza “rigida”. Ciò consentirà al suo peso di essere immediatamente disponibile nell’annullare la differenza tra i momenti di forza generati dagli arti. Per essere efficiente al massimo, il tronco deve assecondare le oscillazioni come un blocco unico e non come un insieme di parti che si cercano di bilanciare in random la rotazione. Ogni eccesso di peso del tronco non gli permetterà di accomodare rapidamente l’alternanza dei momenti di forza proveniente dagli arti.
La stabilità inerziale del tronco previene qualsiasi oscillazione in risposta al normale disequilibrio di momenti di forza proveniente dagli arti. La stabilità inerziale del tronco non dipende soltanto dal suo peso, ma anche dalla sua taglia e dalla sua forma. In particolar modo la forma del tronco è quella che maggiormente condiziona la risposta oscillatoria che ha rispetto ai momenti degli arti. Quando aumenta la frequenza del passo e con essa lo squilibrio dei momenti di forza degli arti, si raggiunge il punto in cui la stabilità del tronco viene sopraffatta. A quel punto avrai raggiunto la massima frequenza di passo che puoi tollerare senza che il tronco compensi.
Per caso ti è mai capitato di vedere una lucertola che nel tentativo di scappare perdesse la sua coda? Se la coda non potesse più esercitare il suo effetto stabilizzante, la parte posteriore della lucertola oscillerebbe avanti e indietro; i movimenti delle sue zampe sarebbero allentati e la vedresti correre in modo davvero sgraziato. Di contro, la lucertola che conserva la coda, nonostante debba trasportare un peso sicuramente maggiore, corre davvero bene. La coda fa un lavoro eccellente di assorbimento delle forze che provengono dai momenti prodotti dalle zampe posteriori principalmente. In quest’ultimo esempio, la parte posteriore della lucertola è molto più stabile e quindi le consente una frequenza di passo sicuramente maggiore. Le leggi della fisica sono universali, vengono applicate nello stesso modo a tutte le cose, sia lucertole che persone.
Cosa ti fa pensare quanto sopra?
C’è nulla che possiamo fare per migliorare la nostra velocità superando il punto oltre il quale le leggi fisiche ci indicano che non possiamo andare?
Dopo aver riflettuto a lungo, ti dico che tutto quello che puoi fare per cercare di superare i limiti che la fisica impone sul miglioramento della tua velocità di corsa, riguarda le gestione del momento di forza. Questa discriminante è ritenuta di massima influenza per sbloccare il potenziale di corsa che hai per raggiungere la velocità più elevata a cui puoi ambire. Meglio controlli e coordini il momento generato dai 4 arti, più elevata sarà la frequenza di passo alla quale puoi arrivare, e, ovviamente, maggiore sarà la tua capacità di sviluppo della velocità.
Ora voglio che tu porga molta attenzione a quello che è il momento prodotto dagli arti che devi essere in grado di gestire. Pensa al braccio ed alla gamba dello stesso lato. Pensa al momento che ognuno di essi genera e considera il modo migliore in cui puoi minimizzare la differenza di forza prodotta da entrambi. Pensa prima alla gamba. Il momento di forza più elevato viene prodotto dalla gamba nel punto in cui viene slanciata frontalmente. La gamba non ha una vera e propria oscillazione posteriore ma solo frontale. Pianti il piede al suolo e porti il tuo corpo a passarci sopra. Non fraintendere questo passaggio; la gamba anche in questo istante genera un momento di forza. Certamente non è grande quanto quello che ha nell’istante in cui sta oscillando frontalmente. Visto che la gamba è la più pesante tra gli arti, la chiave di volta per gestire al meglio della stabilizzazione il momento di forza più importante che essa genera è proprio cercare di ridurre al minimo il momento nella sua oscillazione frontale. La riduzione del momento verrà accomodata attraverso un gesto tecnico: più il ginocchio avrà un angolo chiuso nel punto massimo dell’oscillazione frontale e minore risulterà il momento di forza. Utilizzare una flessione maggiore del ginocchio al fine di minimizzare il momento di forza significa che la porzione bassa della gamba si avvicinerà davvero tanto all’anca. di conseguenza, ci sarà un momento di forza nettamente inferiore intorno a quell’articolazione. Puoi ben notare che il momento di forza ridotto riguarda principalmente l’asse Y. Tuttavia, siccome la gamba viene portata più vicina all’anca, viaggerà un po’ più lentamente rispetto a quando viene eseguita un’oscillazione frontale con un’estensione maggiore. Viaggiando con maggiore lentezza, genererà un momento inferiore intorno a tutti e 3 assi. Inoltre, puoi adottare una tecnica di corsa che limiti l’oscillazione della gamba cercando immediatamente di portare su il ginocchio. Questo farà in modo che l’arto inferiore abbia una distanza minore da coprire durante l’oscillazione frontale. Grazie a questa tecnica, la coscia può anche muoversi più lentamente e raggiungere comunque il suo punto di arrivo nel tempo giusto. Questo rallentamento si traduce in un momento di forza inferiore intorno ai 3 assi, e principalmente intorno all’asse Z che era il tuo principale interesse.
Siccome la velocità di movimento degli arti inferiori ha un effetto diretto sul momento di forza da essi prodotto, queste tecniche devono diventare tue e dovrai incorporarle in modo inconsapevole nel tempo nella tua forma di corsa. La riduzione del momento di forza degli arti inferiori intorno all’asse Z riduce a sua volta drasticamente la differenza di momento che si crea tra arti superiori ed inferiori.
Nella gestione dei momenti di forza, devi ovviamente guardare anche a quelli generati dagli arti superiori. Come puoi usare al meglio le braccia (anche se più leggere) per generare un contro-momento che bilanci adeguatamente quello prodotto dalle gambe? Hai una libertà maggiore quando lavori con le braccia rispetto alle gambe. Le braccia non sono costrette periodicamente nel ciclo del passo ad ancorarsi al suolo così come fanno le gambe per supportare e guidare il corpo in avanti. Visto che l’istante più critico per il tronco nella stabilizzazione intorno alle Z è rappresentato nel punto in cui siamo in oscillazione frontale, devi determinare ciò che fa il braccio durante questo stesso istante. Il braccio si muove con un’oscillazione posteriore. Questo è il movimento che dà al braccio l’opportunità più grande per colmare la differenza dei momenti di forza esistente tra arti superiori ed arti inferiori. Sto cercando di dirti che se da un lato, attraverso la tecnica, devi cercare di minimizzare il momento generato dalla gamba in oscillazione anteriore dall’altro devi massimizzare quello generato dal braccio in oscillazione posteriore. Se riguardi la formula del momento di forza (M=mv), incrementando la velocità con cui spingi il braccio all’indietro aumenterai di conseguenza anche il momento del braccio stesso. L’oscillazione posteriore del braccio comincia quando il pollice è all’altezza approssimativa delle spalle. Da qui devi quanto più velocemente possibile portare il braccio dapprima verso il basso e poi posteriormente. Questo movimento deve essere quanto più veloce ed efficiente possibile. La rapidità con cui inizi il movimento si ripercuote su tutto l’arco del movimento stesso e lo renderà di conseguenza molto più veloce. Durante l’oscillazione posteriore del braccio, l’angolo del gomito è leggermente ottuso. Ciò consentirà alla tua mano di lanciare una oscillazione più aperta. Di conseguenza si genera un momento superiore nell’avambraccio, per poi arrivare al braccio con ancora più enfasi e così via fino alla spalla che poi è l’articolazione che lega al tronco e quindi gli offre la possibilità di rispondere al meglio al momento generato dal basso. Nel tentativo di migliorare la tua velocità, dovrai concentrarti nell’effettuare una vera e propria tirata del braccio con un grande sforzo al fine di stimolare la gamba corrispondente a venire in avanti in maniera leggermente più veloce. In questo tentativo, il tuo avambraccio potrebbe finire troppo distante e portare anche la tua mano davvero troppo dietro. Devi quindi capire il punto giusto al quale devi arrivare per poi ricominciare un nuovo ciclo di oscillazione. Il braccio non deve impiegare troppo tempo per ritornare nella posizione iniziale del suo swing poiché inficerebbe la frequenza.
Per evitare che ciò accada, bisogna rispettare bene gli angoli del gomito in modo tale che la mano non si allontani troppo dalla spalla e quindi il suo pesa rimanga sempre in prossimità di quest’ultima. Puoi sicuramente avere uno swing delle braccia molto più veloce se il tuo gomito è più chiuso e la tua mano è aperta. Quando la mano è troppo vicina alla spalla però l’efficacia del momento generato dalle braccia diminuisce drasticamente. Quello di cui hai dunque bisogno è mantenere in perfetta posizione l’avambraccio rispetto al braccio (e la mano aperta) in modo da generare un momento di forza importante e da incidere positivamente anche sulla frequenza nel ritorno rapido alla posizione di partenza. Non devi assolutamente permettere alle braccia di agire negativamente sulla frequenza del passo. Nel picco dell’oscillazione anteriore del braccio, la mano si troverà in una posizione più alta rispetto a quella che nel picco della sua oscillazione posteriore. Quando il braccio si trova nel picco più alto della sua oscillazione anteriore, la gamba dello stesso lato è ancorata dal piede al pavimento e si trova dunque a generare il minor momento di forza del suo swing. Non è dunque necessario in questo punto che il braccio abbia un grosso momento di forza, devi concentrarti principalmente sul momento da generare quando porti il braccio posteriormente. Se chiudi l’angolo al gomito un po’ prima, il braccio oscillerà in avanti con più facilità e sarà pronto per ricominciare un nuovo ciclo. Bisogna che tu impari ad analizzare la tua corsa. Non esiste una tecnica migliore delle altre, esiste quello di cui hai più bisogno. Se l’enfasi deve essere posta sulla spinta dell’arto inferiore allora necessita di chiudere il gomito prima. La cosa più importante che devi tener presente è che non puoi permetterti di inficiare attraverso lo swing delle braccia la frequenza del passo. Se le braccia hanno raggiunto la loro massima frequenza, non puoi aumentare quella delle gambe. Devi assolutamente fare in modo che le braccia non inficino lo stile di corsa o non limitino la velocità delle gambe.
Ti lascio qualche giorno per ragionare su quanto hai letto fino ad ora e riordinare le idee. A breve, nel mio prossimo articolo sulla velocità e quanto conti l’uso delle braccia per massimizzarla e renderla efficiente, troverai la soluzione di allenamento che risolve i problemi di cui sopra.
Guarda qualsiasi sprinter in vivo o in video per affinare la tua osservazione e ripensa a quanto hai letto. Questo ti permetterà di leggere in maniera molto più consapevole il miglior modo che hai per allenare uno sprinter affinchè sia efficiente!