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Braccia e Velocità – parte 2

Quale azione delle braccia dobbiamo incorporare nel movimento al fine di aumentare la frequenza del passo?

Quanto starai per leggere rappresenta una prospettiva non convenzionale di quanto accade quando raggiungiamo la nostra “top end speed”. È importante che tu abbia una mente aperta e ricettiva per assimilare le informazioni che sto per darti. Puoi accettare o meno quanto sto per dirti, ma se utilizzi la tecnica che ti indico sarai di sicuro uno sprinter più veloce.

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Sei pronto? Cominciamo…

Le gambe si muovono con un’azione oscillatoria antero-posteriore che fa perno alle anche.

Se lo divincoliamo dal resto, questo movimento genera una conseguente oscillazione del tronco, in senso orario e poi antiorario, quando visto dall’alto. Un’eventuale simile movimento del tronco sminuisce l’azione efficiente delle gambe. Per contrastare quest’azione devi assolutamente attivare un movimento uguale e contrario nelle braccia che faranno la stessa azione oscillatoria ma in senso contrario con pivoting all’articolazione della spalla. Lo swing delle braccia produce una perturbazione sul tronco che è uguale e contraria a quella generata dalle gambe. In breve, le forze perturbative prodotte dalle gambe saranno perfettamente controbilanciate da quelle prodotte dalle braccia nel loro punto di trasduzione: la risultante darà stabilità al tronco.

Le braccia devono essere sollecitate nell’adempiere al loro ruolo al massimo delle loro capacità. Meglio le braccia fanno il loro lavoro, meglio le gambe potranno muoversi.

Ora prova uno sprint!

Dopo lo sprint avrai sicuramente una domanda per me…

Cosa devo fare di diverso o meglio affinchè possa migliorare la mia velocità?”

Spesso la risposta a questa domanda riguarda il miglioramento di una o più tecniche. Le tecniche rapprensentano i singoli pattern, che messi insieme, danno vita alla qualità della tua corsa.

O se credi che il deficit di forza muscolare stia limitando la qualità tecnica, ti tocca includere nella routine consueta di allenamento un lavoro addizionale per la forza.

Se invece credi che ti manchi velocità di uscita nella spinta dal suolo, devi mettere più enfasi sugli esercizi di bounding. Fatto sta che devi continuamente analizzare la qualità di corsa, cercando le debolezze da correggere piuttosto che trovare i punti di forza (o ancora peggio, correre senza guardare nulla) in modo che tu possa capire quale possa essere lo step successivo in allenamento per migliorare quanto prima la tua velocità di corsa.

Ma, quando credi di aver fatto tutto quello che potevi per migliorare la tua velocità e ciò nonostante ritieni di esprimerti al di sotto della tua potenzialità, percepisci una sorta di tappo che limita la fuoriuscita del tuo meglio. Inizi a percepire che qualcosa di soppressivo ed invisibile stia gravando su di te, tenendoti lontano dall’esprimere la più elevata velocità che puoi.

Prova a correre più veloce tentando di aumentare la frequenza. Sforzati di muovere gli arti più veloce di quanto tu abbia fatto prima.

È tutto inutile. L’unica cosa che accade, sarà che ti muova spendendo più energia. Non ottieni risultati in termini di velocità.

Sai che puoi esprimere più forza. Sai che puoi muovere gli arti molto più velocemente di quello che hai fatto. Ma sei incapace di fare in modo che questo accada realmente e che si traduca in un aumento della velocità.

Che succede a questo punto?

Cercherò di darti una risposta di sotto.

Molti sprinter trascorrono anni ed anni di allenamento nello sviluppo della forza muscolare, poi altro tempo per affinare l’attività dei muscoli che hanno guadagnato forza al fine di renderli più veloci. Apparentemente, viene speso un tempo infinito sul miglioramento di quella tecnica. A questo punto quale altra capacità può essere ulteriormente lavorata per alzare ancora di più la velocità di corsa? Più forza? Più velocità? Affinare di più le tecniche? Si ritiene ci sia un altro fattore molto determinante sul controllo della massima velocità raggiungibile. Ne abbiamo accennato prima. Generalmente però riceve così poca attenzione che occorre parlarne molto di più.

MOMENTO!!!

Occhio, non è un termine temporale quello di sopra ma un termine fisico! Ti sto parlando del momento di forza.

Diamo uno sguardo al momento generato da ognuno dei 4 arti e come quel momento influisce sulla frequenza, e di conseguenza sulla velocità di corsa.

“Cos’è il MOMENTO???”

… ti starai sicuramente chiedendo!

Il momento di un corpo rappresenta una combinazione tra il suo peso (massa) e la sua velocità, ed in fisica si esprime attraverso l’equazione M=mv. Da questa formula si deduce che ogni variazione sia della Massa che della Velocità del corpo preso in considerazione incidono in maniera analoga sul Momento: se ad esempio la Massa aumenta del 10% lo stesso farà il Momento. Se la velocità del corpo sarà maggiore del 10%, il Momento sarà maggiore del 10%. Quindi tanto la massa quanto la velocità contribuiscono allo stesso modo nella determinazione del Momento di un corpo.

Puoi notare come uno skater controlli la frequenza della sua spinta attraverso l’uso del braccio controlaterale. La velocità della loro spinta risponde alla legge del momento di un corpo visto che genera rotazione nel corpo in esame. Puoi ben comprendere che, allo stesso modo, lo sprinter è soggetto alla legge del Momento. Nel caso dello sprinter dobbiamo prendere in considerazione la legge del Momento relativamente alle forza che imprimono i 4 diversi arti nei loro movimenti oscillatori antero-posteriori.

Diamo ora uno sguardo al momento generato dai 4 arti nel loro movimento swing. L’oscillazione degli arti prevede movimenti degli stessi in spinta e tirata, in avanti e indietro, e saranno considerati come tali in questa discussione. Il movimento alternato delle gambe, che sono spostate simmetricamente  rispetto alla verticale che passa per il centro del corpo, crea una tendenza nel tronco alla rotazione in direzioni alternata rispetto all’oscillazione delle gambe.

Pensa ad uno sprinter nel momento in cui il suo piede destro è a contatto con il suolo e la sua gamba sinistra è in fase aerea e si sta spostando in avanti. Da una prospettiva aerea, le gambe dovrebbero muoversi in un moto con senso orario rispetto al tronco proiettato in avanti. La 3° legge di Newton ci dice che ad una azione corrisponde un’azione uguale e contraria. Considera l’azione in senso orario che le gambe compiono in questo caso. La reazione è rappresentata dal momento in senso antiorario che il tronco oppone per non lasciarsi perturbare. La ragione principale per cui le braccia oscillano in modo esattamente opposto alle gambe è proprio per offrire al tronco una forza uguale e contraria alle gambe che gli permetta di mantenere la linearità rispetto al piano sagittale. Quando i movimenti oscillatori delle gambe e delle braccia sono perfettamente bilanciati tra loro, il tronco sarà in perfetto equilibrio e non mostrerà rotazioni. Quando corri, è esattamente a questo che devi pensare, è esattamente questo il tuo obiettivo!!!

Poni la tua attenzione sulle braccia. Le braccia pesano molto meno delle gambe.

Come è possibile che riescano a creare un momento che vada a bilanciare perfettamente quello generato dalle gambe?

Ci sono 2 notizie in risposta a questo quesito: una buona e una cattiva.

La cattiva: le braccia non sono capaci di ricreare lo stesso momento delle gambe!!!

La buona: le braccia non devono generare un bilanciamento completo!!!

Il corpo riesce ad accomodare perturbazioni rotazionali alternate da lato a lato,  e da gambe e braccia. Fino a quando le differenze dei momenti sono piccole il tronco riesce a gestirle e ad assorbirle senza mostrare segni di sbilanciamento.

La formula fisica M=mv non ci dice esattamente tutto quello di cui abbiamo bisogno!

Non ci indica infatti la capacità del tronco di accomodare momenti di forza alternati e sbilanciati per un breve periodo di tempo. Più piccolo è l’intervallo di tempo per lo sbilanciamento di forza, maggiore sarà la capacità del tronco di gestire tale sbilanciamento.

Ricapitolando quindi: il tronco riceve una grossa perturbazione in senso orario dagli arti inferiori. Ne riceve un’altra meno imponente dagli arti superiori ma in senso anti-orario. Se il divario di grandezza dei momenti non è eccessivo, il tronco lo gestisce molto bene senza mostrare rotazioni percepibili.

Ora concentrati più da vicino sul momento che braccia e gambe generano con la loro oscillazione sul tronco. Guarda alle forza che generano in una prospettiva tri-dimensionale.

Per prima cosa pensa all’asse X come l’asse che orizzontalmente attraversa la parte centrale del nostro corpo in senso antero-posteriore. Qualsiasi rotazione del tronco intorno all’asse X inclina le spalle verso sx o verso dx

In secondo luogo, poni un altro asse orizzontale attraverso la parte centrale del corpo ma che vada da sx verso dx. Questo sarà per convenzione il nostro asse Y. Qualsiasi rotazione generata su quest’asse inclinerà le spalle in avanti o all’indietro.

In ultima istanza, poni un asse verticale che attraversa centralmente il capo. Questo sarà il nostro asse Z. Qualsiasi rotazione intorno a quest’asse genera rotazione delle spalle in senso orario o antiorario (pensa ad una visuale aerea).

I 3 assi si intersecano nel punto in cui identifichiamo esattamente il centro di gravità del corpo.

La forma del nostro corpo è generalmente oblunga, in direzione verticale dunque. Questa forma di per sé fa in modo che alcuni parti del corpo si posizionino relativamente ad ampia distanza rispetto all’asse X ed all’asse Y (alcune parti sono più alte rispetto al centro di gravità ed altre più basse). Ciò dota il corpo di una inerzia (stabilità relativa dovuta al peso ed alla forma) relativamente alta intorno a questi due assi. Grazie alla presenza di una inerzia relativamente alta, riesci a bilanciare una differenza relativamente ampia di momenti generati dagli arti inferiori e quelli superiori. Pertanto il tronco riesce a gestire le perturbazioni non inclinandosi a destra o a sinistra durante la corsa, né tantomeno si inclina in avanti o indietro.

Nessuna parte del corpo però è così distante invece dall’asse Z. Di conseguenza il corpo ha una inerzia molto bassa intorno all’asse Z. Puoi ben comprendere dunque che il corpo non ha la capacità di assorbire e distribuire una differenza considerevole di momento di forza tra gli arti inferiori e quelli superiori intorno a quest’asse. A causa della differenza che sempre esiste tra il momento di forza generato dalle gambe con quello generato dalle braccia, la nostra preoccupazione più grande riguarda proprio l’eventuale rotazione che il corpo produce intorno all’asse Z. In quei runners che non oscillano le braccia velocemente, in una visuale aerea, puoi osservare che le spalle tendono a muoversi in senso orario o anti-orario a seconda della direzione del momento di forza delle gambe. Anche in questo caso, non è evidente alcuna rotazione intorno agli altri assi (X e Y) proprio per quanto detto sopra. Da qui ti dico con assoluta certezza che il primo segno di un chiaro disequilibrio di momenti di forza tra gli arti superiori ed inferiori riguarda il comportamento delle spalle che cominciano a muoversi intorno all’asse Z. Ed è proprio sull’oscillazione delle spalle che devi concentrare la tua attenzione.

Ricapitolando: hai visto come il momento generato dalle gambe e dalle braccia con versi opposti agisca sul tronco. Il momento di forza generato dalle braccia è sempre inferiore rispetto a quello generato dalle gambe a causa del diverso peso specifico di ogni arto. Hai potuto capire come il corpo riesca ad equilibrare la differenza di momenti di forza tra gli arti grazie alla sua inerzia intorno agli assi X e Y. Ma la differenza dei momenti diventa critica da equilibrare quando si guarda all’asse Z. Se fino a qui ti è tutto chiaro, puoi proseguire. Se non ti è chiaro quanto sopra, prenditi una pausa, torna sull’argomento tra 5 minuti ed immagina in maniera nitida ogni passaggio descritto.

Ora che hai compreso la biomeccanica di base del runner ti faccio respirare un po’ e ti aspetto al mio prossimo articolo per proseguire la lettura di quanto ha appreso finora.

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